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Storia di Vieste

mare e spiaggia di notte a vieste

La storia di Vieste inizia con il ritrovamento di reperti archeologici e di tombe, ritenute dell’età del Bronzo e del Ferro, in località Molinella e Grotta Spagnola. Negli anni Venti grazie ad un medico nostro concittadino ed archeologo dilettante, Michele Petrone, furono rinvenute anche delle epigrafi messapiche scolpite nella pietra dedicate a Zeus, Demetra e Venere. 

Il primo popolo che mise piede sul suolo viestano fu quello degli Illiri,  popolo indoeuropeo venuto dall’altra sponda dell’Adriatico intorno all’anno 1000 a.C. Dopo di loro, fecero il loro ingresso i Greci (VIII sec. a.C.), i quali fondarono lungo tutta la costa pugliese diverse città (polis) tra cui, si pensa, anche Vieste. Leggenda vuole che vi abbia soggiornato il fuggiasco eroe Diomede, riparandosi qui dopo essere stato ripudiato dalla moglie e minacciato dal suo amante.

Nel II sec. d.C. il geografo Tolomeo individua nel Gargano la città di Apenèste che secondo la tradizione è la progenitrice di Vieste. E’ supponibile, dall’assonanza col nome e da vari ritrovamenti, che qui vi fosse un particolare culto per la dea Vesta da cui ebbe origine (dopo diverse alterazioni come Viesti) il nome della città di Vieste. 

Tramontato l’Impero d’Occidente, in cui tutto il Gargano e la stessa Vieste rimasero pressoché isolati, con la calata degli Ostrogoti e dei Longobardi e sotto le loro signorie, Vieste ed il Gargano poterono usufruire di una certa importanza logistica, scaturita dall’avvento, in quel periodo, del culto per l’arcangelo Michele a Monte Sant’Angelo, il cui sito a quei tempi rappresentava il centro più importante dell’Italia.

Dopo i Longobardi venne la dominazione bizantina e Vieste, data la sua disposizione di buoni approdi e boschi per la produzione di navi, intensificò i traffici tra la regione e le terre dell’Impero. Qui soggiornarono spesso i vicari di Puglia degli imperatori d’Oriente, i catapani. Si ritiene che uno di loro, Bogiano, abbia istituito nel 993 la sede vescovile, che ebbe nel presule Alfano il suo primo pastore. Nel 1002 sostò nelle acque viestane il doge veneziano Pietro Orseolo II, veleggiante con cento navi al soccorso di Bari assediata dai Saraceni. A ricordo dell’accaduto fece incidere in una grotta dello scoglio di S. Croce (o di Isola di S. Eufemia ) un’epigrafe in cattivo latino che in parte ancora si legge. Quando ormai la permanenza di Costantinopoli in Puglia stava dissolvendosi per opera dei Normanni, si riunirono a Vieste in cerca di scampo le residue forze bizantine, ma qui, una volta raggiunte, furono sconfitte e catturate dalla truppe normanne di Roberto il Guiscardo.

 

Vieste: dimora e rifugio dei papa

La reggenza normanna è ricordata per un evento in particolare che, storicamente non ha avuto molta importanza, ma per Vieste fu uno dei più memorabili: l’arrivo del papa Alessandro III, ideatore della lega lombarda contro Federico Barbarossa, che, dopo Legnano, andava ad imbarcarsi per Venezia al fine di disporre la pace fra i comuni lombardi e Barbarossa. A causa del mare in tempesta fu costretto agli inizi di febbraio del 1177 a sistemare tutta la sua corte e se stesso proprio a Vieste, dove accolse gli omaggi delle varie ambascerie, largì diplomi ed esercitò pienamente la sua sovranità, insomma un vero e proprio Stato Vaticano durato per poco più di un mese. Infatti, il 9 marzo ripartì con navi messegli a disposizione dal re normanno Guglielmo il Buono.

Tramontata l’era normanna, Vieste accentuò con il dominio degli Svevi la sua posizione strategica nell’Adriatico, specie dal punto di vista della politica orientale di Federico II di Svevia. Di due sue visite si vanta Vieste: nel 1240 e nel 1250, in occasioni delle quali s’interessò delle ristrutturazioni della chiesa Cattedrale e del Castello, volute rispettivamente per l’espiazione dei suoi peccati e per l’inserimento nella catena di fortificazioni regie a scopo difensivo lungo la costa pugliese. 

Caduta la dinastia sveva con la morte di Manfredi (il puer Apuliae) nella battaglia di Benevento (1260), sul trono di Napoli e di Sicilia s’insediarono gli Angioini. Fu in questo periodo, precisamente nel 1294, che approdò sulle rive della spiaggia di Merino a poche miglia da Vieste il fuggiasco papa dimissionario Celestino V. Da Merino venne trasferito in città dove lo accolse tutto il popolo festante.  Questo non gli impedì l’arresto emanato dal successore Bonifacio VIII. Passarono quasi duecento anni ed ecco che un altro illustre personaggio fece il suo ingresso in città: il re Alfonso V d’Aragona, venuto a fare “propaganda” per accattivarsi le simpatie delle città pugliesi che ancora acclamavano la dinastia angioina. Con Vieste, a detta del Giuliani (diremo più avanti di lui), fu molto benevolo, colmandola d'ori e privilegi.

 

Uno spiacevole avvenimento : l'assalto di Dragut Rais

Arriviamo così, passando per uno sterile XIV secolo, ai secoli XV e XVI che videro Vieste protagonista di due eventi simili fra loro ma molto cruenti: due raid sanguinosi e distruttori compiuti da corsari turchi. Il primo ebbe luogo nell’agosto del 1480, per mano di Agomat Pascià, che mise a sacco e fuoco anche la Cattedrale i cui segni, rinvenuti durante lavori di restauro, sono oggi ben visibili su una parte della sacrestia. Il secondo, di dimensioni ed atrocità ben maggiori, si abbatté sulla città dal 18 al 24 luglio del 1554 ed era guidata dal corsaro Dragut Rais, e a lui è legata la storia della Chianca Amara.

La città si era appena risollevata dai due tremendi disastri quando quasi cento anni dopo, il 31 maggio del 1646, fu scossa da un nuovo disastro, questa volta naturale: un terremoto di proporzioni enormi distrusse nuovamente la città da poco ricostruita,  decimando ancor di più la già disastrata popolazione; addirittura lo stesso castellano reggente del paese perì nel Castello, come ricorda una lapide posta in alto a sinistra dell’attuale ingresso, anche se ormai è quasi illeggibile per l’erosione dei blocchi di tufo su cui fu incisa.

 

La ripresa economica della città

Dopo il lungo e gravoso dominio vicereale di Spagna e quello breve degli Austriaci, conclusosi con la battaglia di Bitonto, il Settecento segnò l'inizio di una migliore convivenza civile ed un miglioramento economico.

Tornati gli Spagnoli, il re Filippo V, donò al giovane figlio Carlo il Regno delle Due Sicilie (1734). Il giovane divenne re col nome di Carlo III, dando inizio alla dinastia dei Borboni. Ciò portò a Vieste un’aria nuova, entusiastica, che si manifestò con iniziative in campo agricolo per aumentarne la produzione e con costruzioni d'opere le cui beneficiarie furono soprattutto la Cattedrale e le chiese minori.

Degno di nota è il vescovo Niccolò Cimaglia, colui che ravvivò la cultura religiosa locale e la Cattedrale, donandole quell’aspetto che rimane visibile oggi.  

In quel periodo, operarono inoltre due grandi menti della nostra città: il matematico e scienziato Lorenzo Fazzini, autore di numerose scoperte e scritti riconosciuti in campo europeo ed il letterato Vincenzo Giuliani, viestano d’adozione, autore del libro “ Memorie storiche, politiche ed ecclesiastiche della città di Vieste” ritenuta la prima opera accurata sulla città, una vera miniera di notizie tra storie di vescovi, statuti, usi e costumi per un periodo che va dalle origini fino alla stesura del testo.

Si passa così all’Ottocento che per Vieste non fu di grande importanza anche se non mancarono episodi di turbamento quali la costituzione di gruppi giacobini (era passata da poco la Rivoluzione francese) con il fatidico albero della libertà piantato in piazza del Seggio e l’imposizione da parte dell’intendente napoleonico della Provincia della tassa sul macinato al cui ordine la città non si sottomise fino all’intervento diretto dello stesso intendente.

Fu soppressa la residenza vescovile (1818) diventando così diocesi –che tuttora conserva- sotto il controllo dell’arcivescovo di Manfredonia.  Il vero evento Vieste lo ebbe però subito dopo l’unità d’Italia, precisamente il 27 luglio del 1861, sorto da quel problema che gli storici chiamano “Questione Meridionale” e che in seguito degenerò col fenomeno del Brigantaggio: la presa della città da parte dei briganti che vi rimasero per due giorni ed in cui fecero nove vittime e rapine ed estorsioni a non finire.

 

La prima Guerra mondiale e l'epoca fascista

Ritornata la calma Vieste rimase chiusa dentro il suo “scrigno naturale” fino alla I Guerra mondiale quando il 24 maggio 1915, primo giorno di guerra per l’Italia, pur così lontana dal fronte, si trovò coinvolta in due episodi bellici: il bombardamento del Castello da parte del cacciatorpediniere austriaco Lika alle prime luci dell’alba per fortuna con lievi danni e senza coinvolgimento di civili e, qualche ora dopo, la battaglia a pochi metri dalla riva viestana fra la cacciatorpediniere italiana Turbine e tre navi austriache, conclusasi con un infelice autoaffondamento per eccessivi danni alla sala macchine del nostro natante. 

Così venne l’era fascista che perlomeno non provocò incidenti al popolo viestano, se non quando i tedeschi, nel pomeriggio del 16 settembre del 1943 e per tutto il giorno seguente, rastrellarono la città in cerca di fuggiaschi italiani ritiratisi dalla Jugoslavia e delle loro armi ma non vi trovarono nessuno sia per la protezione della popolazione locale, che rifornì i militari di abiti civili, sia per il dileguamento durante la notte dei restanti militari. Ci fu tuttavia una sparatoria in cui perirono un carabiniere ed un militare tedesco ma fortunatamente non ci furono rappresaglie da parte degli occupanti. Alto fu invece il numero dei caduti viestani sui vari fronti, soprattutto dei giovani  che, com'è comprensibile, privarono il paese di quella forza lavoro su cui s’incentrava la già fragile economia di sussistenza viestana.

 

Nascita del turismo a Vieste

Ci vollero immani sacrifici e privazioni da parte del popolo viestano prima di rivedere finalmente la luce negli anni Sessanta. Questo è infatti, il periodo in cui il paesaggio naturale viestano, da semplice cornice  alle attività della popolazione locale, si è trasformato in vero e proprio traino del turismo viestano. La spallata decisiva a questa rivoluzione la diede il Sig. Enrico Mattei, politico e presidente del colosso ENI il quale, sorvolando con un aereo privato la costa tra Vieste e Mattinata, precisamente la zona di Pugnochiuso, rimase talmente incantato da tanta incontaminata bellezza che ordinò al suo pilota di effettuare non uno ma ben tre giri attorno al punto da lui indicato, tanto da arrivare in ritardo ad una riunione svoltasi in Croazia. A suggello di questo colpo di fulmine s’impegnò nella costruzione di una struttura ricettiva e tra il 1963 ed il 1968 prese corpo il centro vacanze Pugnochiuso, la prima vera struttura turistica d’interesse nazionale ed internazionale nel territorio viestano, nella quale Mattei era solito andare a trascorrere le ferie estive ed anche soggiorni invernali.

L’importanza del centro fece lievitare l’interesse per l’attività turistica lungo tutta la costa viestana. Imprenditori grandi e piccoli, alcuni forestieri, i più viestani, entrarono in campo e nel volgere di una ventina d’anni realizzarono le strutture ricettive che a tutt’oggi rendono ospitale il territorio di Vieste ma soprattutto rendono giustizia finalmente ad una città che per secoli e secoli visse isolata da tutto e da tutti. 

Immagini di Vieste
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