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Merino il santuario

copertina del libro merino il santuario

Il presente lavoro non ha pretese scientifiche. Nulla aggiunge a quanto si conosce e si va dicendo intorno a Merino e alla sua storia, passata e presente. Esso è consistito soltanto nel ricercare le fonti, più o meno note ma tutte già esistenti, e averle poste l'una accanto all'altra nel tentativo di ricostruire un racconto unitario e verosimile di una realtà a noi cara. Non presento un sito archeologico, muto, bensì una memoria, che è passata ma ancora viva nella tradizione e nella cultura dei Viestani. Ho cercato di essere un diligente mosaicista, che accosta i vari tasselli e ne fa un'immagine. Questo è l'aspetto originale del lavoro: aver ricostruito un'immagine di Merino, una storia, un racconto che, partendo da quello che attualmente esiste sul luogo e fagocita l'attenzione di tutti (l'area del Santuario), raggiunge i luoghi della memoria (Marino, Merino, la necropoli) e si proietta sulla via della storia attuale vissuta (la grande festa di S. Maria).

L'obiettivo, che mi sono proposto, è quello di divulgare, nel senso cioè di portare a conoscenza dei più, del popolo, una realtà che già si vive nel tessuto sociale viestano, ma che non tutti conoscono a fondo o non vivono nella sua interezza. Intendo mediare dalla scienza alla gente. É un compito difficoltoso. L'archeologia difatti non è una scienza esatta. Avanza sempre tra ipotesi e comparazioni, soprattutto quando i risultati delle ricerche sono frammentari, insufficienti, manomessi, di difficile lettura, come nel nostro caso. Alle difficoltà insite alla ricerca stessa sovente si aggiungono quelle derivanti dal dilettantismo, dall'inesperienza dei profani e dei tuttofare che complicano e compromettono l'esito finale. Allora si brancola nel buio.

Il nostro Gargano è sicuramente tra i territori più ricchi di storia, certamente il meno esplorato, il meno conosciuto, il più saccheggiato, rapinato e depredato. Merino subisce la stessa sorte del suo territorio. Perciò parlo di storia verosimile, che potrà essere sempre più verosimile quando le ricerche saranno avanzate, il territorio razionalmente e 6 metodicamente studiato e indagato sotto il profilo archeologico. Sono cioè consapevole che quanto in questo lavoro ipotizzato potrà essere superato da indagini condotte con serietà e competenza, più estese ed in modo più sereno. Negli ultimi anni sembra esserci stata un'inversione di tendenza da parte degli studiosi e degli appassionati, che setacciano il territorio alla ricerca della verità.

È bello che la gente conosca, nel modo più consono e accessibile, il luogo della loro memoria. Spero che come il Santuario, per un'intuizione profetica di Mons. Valentino Vailati é stato sottratto all'oblio, all'incuria, al degrado ed è risuscitato a vita nuova, così anche la realtà archeologica che lo circonda, torni a vivere non solo per la piccola parte indagata archeologicamente, ma soprattutto nell'estendere le ricerche a tutta l'area, e regalare al nostro popolo un sito nel quale ritrovarsi e di cui andare orgogliosi, come succede per tante altre realtà analoghe in tanti altri posti. Attendiamo anche un’attenzione maggiore da parte degli Enti preposti alla valorizzazione del territorio, nella consapevolezza che non è il facile e immediato guadagno che paga, ma la ricerca paziente nella memoria dell'uomo, che noi chiamiamo cultura, quella vera, non effimera. Il nostro territorio, favorito dalla Natura e dalla Storia (che volutamente scrivo con lettere maiuscole), d’innumeri pregi e bellezze, oggi cammina in una sola direzione, che se pur valida e utile, quella turistica, non esaurisce né assicura uno sviluppo integrale allo stesso. Affido a S. Maria di Merino questo piccolo contributo, che ho fatto unicamente per farla conoscere e amare di più e di più conoscere ed amare il suo luogo di provenienza. Ringrazio quanti mi hanno incoraggiato, aiutato nella ricerca, nella stesura e nella correzione del testo. In particolare voglio ringraziare Antonietta Dalmaso, don Pasquale Vescera e Chiara Spalatro.

 

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